Il girovago universitario

Il futuro, come è stato ribadito nel precedente numero de “I Portici”, è un argomento difficile e contorto che, al giorno d’oggi, spaventa noi adolescenti più dell’adolescenza stessa.

Come studentessa di liceo posso affermare che i miei coetanei hanno idee diverse ma parallele su ciò che vorrebbero fare “da grandi”; ho sempre pensato che questa espressione fosse esageratamente utopica, poiché la grandezza di una persona non è di certo definita dall’età. Ma, al di là di questa breve critica, è meglio passare al sodo: chi di noi ha le idee chiare sulla vita da intraprendere dopo il liceo? Facendo un piccolo sondaggio in classe, a grandi linee, uno studente su cinque sa per certo quale facoltà scegliere; per i restanti c’è un’indecisione che si differenzia: c’è chi ha più ambizioni pertanto non sa ancora quale università scegliere, chi non vuole continuare gli studi ma preferisce iniziare direttamente a lavorare e chi ha le idee chiare, ma dovrebbe o in molti casi vorrebbe lasciare la propria città. 

Con questa ultima precisazione avrete intuito il significato di un titolo così bizzarro; in parole povere, le righe che state leggendo tendono sicuramente a fare riferimento alla libertà in ambito scolastico e di diritto allo studio, ma soprattutto vogliono presentare in modo accattivante quella che è la vita di un fuorisede. 

Colui che a 19 anni prende la decisione e soprattutto ha la possibilità di trasferirsi in un’altra città per continuare gli studi  è spesso e volentieri considerato un sovversivo, insomma è colui che rovescia un po’ le carte in tavola abbandonando l’idea della “famiglia del mulino bianco”. Inizialmente la vita di un fuorisede ti toglie il fiato poiché con l’autonomia e l’indipendenza che si hanno sembra di entrare in un universo illusorio in cui condizioni e regole non esistono, ma d’altro canto è anche un’esperienza che a differenza di altre fantomatiche realtà può essere un grande passo verso l’assunzione di responsabilità e consapevolezza; qualità che descrivono a pieno l’inattuabile espressione di cui parlavo prima. Insomma, vivere e viversi da soli, senza l’aiuto e la pressione di quella che invece spesso è “la famiglia Addams”, ha un enorme impatto su quello che sarà poi il facile e concreto ingresso nella vita da adulti in ambito lavorativo e sociale. 

Il “sociale”, la società, la folla, la gente, imparare a conoscere, convivere e accettare chi ci circonda è un’altra grande sfida che la vita lontano da casa pone al fuorisede che, oltre al dovere di studente di un ateneo ha anche doveri che riguardano la quotidianità delle mura domestiche e del proprio fabbisogno che, a differenza di quando si trovava nel caloroso nido dei genitori, non si limita solo alle uscite e al divertimento ma anche e soprattutto all’attenzione e premura di saper gestire casa, studio, denaro, salute e per ultima ma non per importanza la propria mente la quale, grazie ad una vita da un lato troppo frenetica e dall’altro singolare e pacata, è in continua evoluzione proprio come quella di un girovago

Angela Marzolo IVB LSU

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