Il fine giustifica i mezzi?

Protestare. Cosa significa protestare? Abbiamo mai dato importanza alla possibilità di poterlo fare? Alla libertà dell’uomo di esprimersi? Le ribellioni passate erano decisamente differenti dalle odierne e, pensando ai tempi che corrono, la libertà è sicuramente da considerare come una faticosa conquista dei nostri antenati. Proprio per questo oggi l’uomo la valuta  come diritto inalienabile: tutti hanno la libertà di dar voce alle proprie idee.

Ma proprio tutti? La risposta purtroppo è no. In tanti Paesi, infatti, si combatte ancora per i diritti, in bilico tra libertà e repressione. Basti pensare all’Iran e all’incessante lotta delle donne per la loro libertà. Nella nostra stessa Italia il tema della parità di genere è ancora baricentro di molti scontri sociali. Nell’Occidente anche si affrontano temi tutt’altro che futili, seppur non repressi come avviene in Oriente.

Nel dettaglio, avvengono sempre più frequentemente manifestazioni di protesta da parte di movimenti ambientalisti nei musei. Prima di parlare delle proteste appena citate, dovremmo soffermarci su chi siano gli autori di queste manifestazioni e quale sia il loro scopo. Le proteste sono principalmente animate dal movimento di attivisti ecologisti ‘Just stop oil’, nato lo scorso aprile in Inghilterra. Gli attivisti hanno dato vita a questo movimento per contrastare l’uso di benzina e di altri combustibili fossili, con lo scopo di ottenere che il governo inglese si impegni a porre fine a tutte le nuove licenze e autorizzazioni per l’esplorazione, lo sviluppo e la produzione di combustibili fossili nel Regno Unito.

La loro azione consiste, nella maggior parte dei casi, nel gettare torte ,salse di pomodoro, zuppe di verdure, o vernice, sui vetri protettivi delle opere d’arte esposte, in particolare dei dipinti. La domanda potrebbe sorgere spontanea: “perché accanirsi sulle opere d’arte più preziose e importanti che abbiamo?” La risposta è una: attirare l’attenzione.  Gli ecologisti di Just stop oil agiscono per far ricadere l’attenzione sul fenomeno dei cambiamenti climatici, ma questo è effettivamente il modo giusto?

Come l’Inghilterra ha il suo movimento di attivisti ecologisti, anche in Italia non siamo da meno. Gli attivisti italiani prendono il nome di ‘Ultima generazione’ che si definisce : “Una campagna italiana di disobbedienza civile NON violenta”, che segue la scia, con gli stessi principi e scopi ultimi, di Just stop oil.

Gli attivisti di ultima generazione, disposti anche a farsi arrestare pur di far valere i propri pensieri, oltre ad attuare le loro proteste nei musei, lo fanno anche sulle strade , bloccando gli automobilisti e attirando perciò una grande attenzione anche mediatica, non del tutto positiva.

I casi di proteste in questi mesi sono stati davvero innumerevoli, tanto che ormai alla notizia di un’altra zuppa gettata su un famoso dipinto non ci stupiamo più; nonostante ciò abbiamo comunque individuato quelle che hanno causato un maggiore scalpore soprattutto nel mondo dei media. Tra questi ci sono l’assalto alla copia, conservata alla Royal Academy a Londra, de “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, di cui è stata presa di mira la cornice e “La Gioconda”, sempre del famoso artista, sulla quale è stata gettata una torta. Possiamo continuare con la “Primavera” di Botticelli , attaccata dagli attivisti di Ultima generazione, i quali con uno striscione che recitava ‘No gas no carbone’ hanno preso posizione incollandosi letteralmente al vetro che protegge una delle opere d’arte più famose e importanti della storia.

Inoltre di sicuro si ricorda l’attacco a “I girasoli” di Van Gogh alla National Gallery di Londra da parte di Just stop oil, che rappresenta probabilmente il caso più eclatante tra tutti. Le protagoniste sono due giovani ragazze, le quali affermano che il quadro non ha subito danni in quanto protetto da un vetro sovrastante. ‘’Just stop oil’’ è stato chiaro su questo; le attiviste si erano assicurate in precedenza che ci fossero protezioni e che il loro gesto non avrebbe recato danni all’opera. Nonostante il fine del clamoroso gesto, tante sono state le critiche e le condanne verso questo tipo di protesta, si è avuta una vera e propria indignazione da parte dell’opinione pubblica; questo è l’esatto motivo per cui questa determinata protesta per il movimento degli attivisti rappresenta un vero e proprio spartiacque

A questo punto la domanda che ci siamo poste è: “Il fine giustifica i mezzi?”. Le  risposte più frequenti sono due e di schieramenti totalmente opposti. Basta aprire i commenti di un post di Instagram, Twitter o Facebook per capirlo: gli attivisti o vengono riempiti d’odio, oppure in caso contrario, viene loro dato un appoggio. Molti di coloro che insultano gli ecologisti probabilmente non sono consapevoli del fatto che la maggior parte delle opere d’arte prese di mira sono protette da lastre di vetro, affinché siano tutelate da eventuali attacchi come questi, cosa che supporta la seconda tesi. Le persone che sostengono il modo di protestare di Just stop oil o di ultima generazione rafforzano la loro idea dicendo che, continuando a non aver cura e a trattare il nostro pianeta in modo deplorevole come è stato fatto finora alla fine non avremo più dipinti, sculture, graffiti, reperti storici da ammirare. In sostanza non ci sarà più arte. In fin dei conti questa è una generazione che dà più valore al clima che all’arte, una generazione vittima dei soprusi di uomini avidi di ricchezza  a causa dei quali si sta verificando la distruzione del nostro ecosistema. 

I paesaggi di Van Gogh non esistono quasi più e la crisi climatica è davvero grave. Greta Thunberg, una giovanissima attivista svedese per il clima di diciannove anni che promuove attività di  protesta non violente, afferma che nessuno si comporta come se fossimo in una crisi, nessuno ha appreso il concetto che non c’è un pianeta B.

Entrambe le idee sono secondo noi valide, pur seguendo logiche completamente diverse , ma certo è che l’attenzione che gli ecologisti volevano e sono riusciti ad ottenere, ha portato loro una fama affatto invidiabile. Il cambiamento climatico è la cosa più preoccupante ed incombente nella nostra realtà, una realtà purtroppo innegabile, ma visti i risultati, possiamo arrivare alla conclusione che gli attivisti, piuttosto che attirare l’attenzione su questo fenomeno così importante e riguardante tutti noi, dalla Cina all’America, dall’Italia al Polo sud, l’hanno invece portata sulle proteste in sé, tant’è che, confrontandoci con svariate persone, abbiamo notato che la maggior parte di loro non sapevano nemmeno il perché di queste manifestazioni, e le consideravano solo atti di vandalismo. 

E voi che ne pensate?

Giulia Marinucci e Anita Di Salvatore, IIIC LC

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